MANIFESTO PER LA RIFONDAZIONE


SUNTO DELLA PRESENTAZIONE DI DOMENICA 8 GIUGNO A MIRA

L’introduzione di Roberto Del Bello è una dura critica sull’incapacità di lettura della realtà sociale, sulla Sinistra l’Arcobaleno come un mero cartello elettorale scelto solo dai vertici dei partiti fondatori, ma è anche nella convinzione e nella speranza che Rifondazione si apra in una costruzione alternativa credibile e vera per un partito di massa, aperto a tutti.
Continua l’introduzione la coordinatrice dei giovani comunisti che fa un discorso pieno di passione e col cuore. Si pone delle domande che tutti ci siamo posti e le risposte sono cariche di verità, dove centra appieno la situazione politico-sociale attuale, la sua analisi sulla sconfitta è lucida e composta da fatti più che da teorie: non siamo più una forza di reale cambiamento, non ci siamo nelle lotte più importanti, non ci siamo stati al Gay Pride.
Continua puntando il dito sulla destra sul loro modo di far politica, sul loro sistema di mettere in atto una guerra tra poveri e i poveri ci cascano.
Interventi mirati e a tutto tondo. L’intervento dell’assessore provinciale del lavoro, Alessandro Sabiucciu, parla di famiglia, riprende e critica duramente la Emma Marcegaglia attuale presidente di Confindustria, che paragona la famiglia ad un’impresa. Sabiucciu non ci sta rifiuta di vedere la famiglia, luogo dove non si guarda il profitto ma gli affetti come una mera, vuota, impresa il cui unico scopo è guadagnare. Per far si che questa nuova tipologia di famiglia diventi reale realtà, toccabile con mano, bisogna intervenire sul territorio, andando dove le famiglie più deboli hanno bisogno.
La senatrice Titti Simone pone la questione sulle disparità degli asili nido soprattutto prendendo in esame il caso Verona, dove chi ha più bisogno dell’asilo comunale finisce invece col non entrare in graduatoria perché ha dei punti di demerito come ad esempio essere una ragazza madre. Chiede a Vendola cosa fare, come agire e in parte perché non abbiamo agito prima.
Finalmente prende la parola Nichi che per rispondere ad un intervento parla di Gramsci, del suo periodo storico, delle sue lotte, delle sue sconfitte politiche, morali e famigliari, parla degli scritti dal carcere e di come i compagni l’abbiano isolato perché non rispecchiava totalmente le loro idee, e si è augurato che questo sistema, presente ancor oggi in Rifondazione, vada a perdersi, non sussista più.
Continua spiegando come la gente creda a ciò che racconta la destra: il loro metodo di mettere il penultimo contro l’ultimo serve per creare un clima di diffidenza tale da dividere le classi più povere e, come insegna il vecchio Impero Romano, divide et impera: dividi e comanda.
Se io sono penultimo nella scala dei poveri mi sento dire che chi sta più in basso di me è il mio problema, che è colpa sua se non arrivo alla fine del mese, io che faccio? Giustamente non solo lo guardo male e lo isolo, ma arrivo ad odiarlo.
Parla della sconfitta elettorale spiegando in cosa si sbaglia nell’analizzarla: si sbaglia perché non si fa un’analisi continentale della sconfitta. Proiettando la sconfitta subita sui risultati elettorali del resto dell’Europa, scoprendo così che, dopo tutto, non è andata malissimo come pensiamo, ma che, come aveva precedentemente affermato la Betta, siamo ad un giro di boa che doveva arrivare per poter capire i nostri errori. Rifondazione non è stata in grado di stare al passo coi cambiamenti del Paese, non riesce più a comunicare con i giovani, i quali parlano per spot. In una civiltà dove l’avere è più importante di tutto il resto, le parole della Marcegaglia prendono piede senza problemi, ecco che la famiglia luogo di affetti, diventa impresa, luogo di puro profitto, dove esso è tutto.
Vendola continua a rispondere a tutti gli interventi spiegando bene il perché la mozione “Manifesto per la Rifondazione” sia l’unica possibilità che questo partito non rimanga chiuso in se stesso, partendo dal simbolo che deve rimanere, al quale siamo tutti affezionati, ma che non deve essere un ostacolo a diventare il partito aperto a tutti, che era anche la volontà di Togliatti.
Torna al mondo del lavoro parlando del contratto di lavoro collettivo che per la destra non serve, anzi, serve un contratto a persona, che se visto bene è solo un ulteriore mezzo della destra per dividere i lavoratori, per isolarli, per far vivere queste persone e il Paese in uno stato di guerra continua. Quelli che sono al governo sono seguiti anche per il loro modo di parlare: parlano la lingua del popolo e non il politichese incomprensibile da chi la politica la segue poco o niente e magari solo al Tg.
Finisce chiedendosi cos’è l’identità comunista, rispondendosi che non è una mummia, ma un corpo vivo, non una Madonna chiusa in una teca da contemplare ma un movimento reale.
E’ importante ricucire lo strappo che è venuto a crearsi tra noi e il popolo che avremmo sempre dovuto difendere: quello dei ceti deboli, delle persone più indifese, dei lavoratori delle fabbriche che stanno chiudendo.
Dobbiamo ricucire il rapporto con gli elettori andando nei loro territori, avendo bene a mente che non saremo accolti a braccia aperte, ma con diffidenza e anche odio.
Appoggiare questa mozione significa voler ricostruire dalla base questo partito e aprirsi agli altri, a tutti coloro che hanno voglia di costruire un futuro assieme.


RifondaMira


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