COME RISANARE IL DEBITO PUBBLICO SENZA UCCIDERE IL POPOLO ITALIANO


Mala tempora currunt.
Corrono davvero brutti tempi, non c'è che dire.
La crisi sta divorando tutto e tutti, le forze politiche guidate da Mario Monti hanno tentato in tutti i modi di riparare la falla alla nave Italia, ma sembra proprio che non ci sia nulla da fare, e di poche ore la dichiarazione di resa.
Monti lascia, ma vorrebbe prima firmare il patto di stabilità.
Napolitano valuta, ma speriamo che non le accetti. Sarebbe una buona garanzia di un futuro voto garantito da una legge elettorale davvero equa e che non sia viziata da un clima di guerra ed emergenza globale, terreno fertile dove le forze oscure prosperano.
In particolare coloro che hanno creato ad arte questo clima, un ambiente adatto ai parassiti per sguazzare e nutrirsi a proprio piacimento, ovviamente a discapito del corpo ospite, che a quanto sembra sta ormai tirando le cuoia a causa loro.
Parassiti chiari, banche e grandi speculatori, borghesia elitaria sempre più ricca e classe operaia e atipica sempre più povera e votata ad una fine ingloriosa, una autentica Caporetto che lascerà molti morti e tanti soldati e famiglie dei reduci senza neppure una minima pensione.
Le elezioni, cui si andrà con il sistema del Porcellum, avranno un clima di tensione come pochi, da vero Paese in Attesa di Golpe.
Come fare per impedire che gli Italiani, pressati da ignoranza, terrore e fraudolenza, votino nuovamente in massa per l' Ordine e la Disciplina, che già hanno fatto vedere il loro volto pulito ma totalmente fallimentare e ipocrita?
Forse, tentando davvero di diminuire concretamente il Debito Pubblico, spiegando concretamente cosa non va in Casa e smettendo di fare gli interessi di Banche e Grossi Speculatori, ovvero della Mafia Imperante.
Mario Monti, nel suo furore fiscale, al profumo di lacrime e sangue, ha tentato un abbassamento, ma in realtà lo scopo è andato ad avere ancora disponibilità di credito all'Estero, per tappare una falla entro il Marzo scorso che avrebbe visto un creditore battere alla porta con la polizia internazionale alle spalle.
In pratica ha restituito un debito alle banche. Questo sistema non può rilanciare il Paese, dobbiamo appunto vedere quanto e come l'Italia è indebitata e sistemare i conti.
A tale proposito, dunque, vediamo il modo, tale da permettere di stabilire una Rotta a Sinistra, per una bella inversione di marcia ad U, possibilmente legale.
Dunque cos'è il Debito Pubblico e da cosa è costituito?
Il debito pubblico si forma quando le strutture dello stato (governo, regioni, province, comuni) spendono più di quanto incassano attraverso imposte, tributi, tariffe, oneri sociali. Lo scarto che si crea nel corso di un anno si definisce deficit. La somma di tutti i deficit accumulati ad una certa data forma il debito. In altre parole il deficit esprime la sfasatura relativa ai singoli anni; il debito la situazione debitoria complessiva accumulata negli anni.
Uno stato con potere di battere moneta, può finanziare il proprio debito con l'emissione di nuova moneta. Il che corrisponde ad una tassazione generalizzata di tutti i cittadini, perché l'emissione di nuova moneta, a parità di produzione, provoca inflazione, ossia aumento generale dei prezzi che decurta il potere d'acquisto di tutti. L'Italia ha utilizzato questa via prevalentemente negli anni settanta, facendovi ricorso più limitato negli anni successivi. Ma da quando è entrata nell'euro, nel 2001, questa possibilità le è preclusa del tutto perché il potere di emissione è assegnato alla Banca Centrale Europea, espressione delle banche centrali della zona euro, a loro volta espressione delle banche private dei singoli stati.
La Banca Centrale Europea non ha fra i propri compiti quello di soccorrere i paesi debitori e gli unici modi che questi hanno per fare fronte alle proprie difficoltà finanziarie sono il dilazionamento dei pagamenti nei confronti dei propri fornitori e l'accensione di prestiti presso banche e qualsiasi altro soggetto (assicurazioni, fondi, famiglie) disposto a fornire denaro in cambio di un tasso di interesse. Generalmente il prestito è ufficializzato da un certificato emesso dal Ministero del Tesoro, che certifica l'ammontare ricevuto, la data di restituzione e il tasso di interesse riconosciuto. Tali certificati sono genericamente definiti titoli di stato o titoli di debito pubblico, ulteriormente suddivisi in Bot (Buoni ordinari del tesoro), Cct (Certificati di credito del tesoro), o altro, in base alle condizioni specifiche del prestito.
In Italia, il debito pubblico ha cominciato ad assumere dimensioni preoccupanti negli anni settanta, allorché iniziò a formarsi un divario consistente fra entrate e spese pubbliche. Mentre in alcuni periodi le uscite crescevano più ampiamente delle entrate, in altri succedeva che le prime salivano mentre le seconde scendevano. Ad esempio, nel periodo 1971-1974 le entrate, in rapporto al prodotto interno lordo (Pil), si ridussero dello 0,5% (dal 29 al 28,5%), mentre le uscite crebbero dal 36,9 al 43,4%.
Fra le ragioni per cui nel corso degli anni si sono avute entrate inferiori a quelle che il sistema avrebbe potuto garantire, va citata la riduzione delle aliquote sugli scaglioni più alti di reddito, la bassa tassazione dei redditi da capitale, la riduzione se non l'eliminazione delle imposte patrimoniali, l'elevato tasso di evasione fiscale, l'espandersi dell'economia in nero.
Fra le ragioni per cui si è avuta un'accelerazione delle uscite, vanno citate le politiche a sostegno delle imprese, il pensionamento precoce nel settore pubblico, l'abnorme espansione occupazionale in ambito pubblico e il mantenimento di inutili carrozzoni con finalità al tempo stesso clientelari ed elettorali, l'esplosione dei privilegi dalla politica, le ruberie a vantaggio di imprese appaltate dallo stato per spartire il bottino con i partiti al governo, la corruzione valutata 60 miliardi di euro l'anno.
Ma non va dimenticato il ruolo degli interessi che specie negli anni ottanta sono stati elevatissimi. Nel 2010 la spesa per interessi è stata pari a 70,1 miliardi di euro corrispondente all'8,8% dell'intera spesa pubblica e al 15,7% delle entrate tributarie (Imposte dirette e indirette esclusi oneri sociali). In effetti gli interessi, oltre ad accrescere le uscite e quindi il debito, rappresentano una redistribuzione alla rovescia: concentrano nelle tasche di pochi la ricchezza di tutti1.
A quanto ammonta il debito?
Secondo i dati della Banca d'Italia, al giugno 2011 il debito pubblico totale ammontava a 1901 miliardi di euro pari al 122% del Pil realizzato nel 2010. Ma economisti come Loretta Napoleoni, affermano che è impossibile avere il dato preciso perché in ogni ambito delle amministrazioni pubbliche, dal Ministero del Tesoro, fino all'ultimo comune d'Italia, possono essere stati accesi prestiti presso banche private compiacenti che in cambio di laute commissioni hanno escogitato degli stratagemmi per farli passare come anticipi su operazioni future. Ma il problema è che si tratta di operazioni assimilabili a scommesse che possono o non possono dar luogo ad incassi. In conclusione si fanno comparire fra le entrate somme che negli anni successivi possono trasformarsi in debiti, gravati di interessi, perché l'evento auspicato non si è realizzato.
Benché si tratti di operazioni configurabili come veri e propri falsi in bilancio, purtroppo sono utilizzate anche dai governi. Il caso più eclatante è stato scoperto a carico della Grecia che aveva agito con la complicità della banca d'affari Goldman Sachs. Per essere ammessa nell'euro, nell'anno 2001 e seguenti, la Grecia aveva bisogno di dimostrare che il suo deficit annuale era inferiore a quello reale e non potendo agire sul piano delle uscite, aveva deciso di falsificare i dati sul piano delle entrate. In altre parole si era fatto anticipare da Goldman Sachs dei soldi su polizze assicurative relative ad eventi finanziari futuri (l'innalzamento dei tassi di interesse piuttosto che la rivalutazione di certe valute) di cui nessuno poteva prevedere l'andamento. Ma ciò non interessava a nessuno: il problema era ingannare, poi si sarebbe visto. E infatti nel 2010 il bubbone è scoppiato perché non poteva essere più tenuto nascosto. Ed oggi la Grecia non sa di che morte morirà.
Gustavo Piga, professore dell'università di Tor Vergata, ha spiegato che tutti i grandi paesi industrializzati del mondo, Italia compresa, ricorrono all'uso di queste polizze assicurative, meglio conosciute come derivati, che però sono costosissime e tal volta articolate in una maniera tale che se l'evento assicurato non si realizza, può essere il cliente a dover pagare l'assicuratore. Ne sanno qualcosa i 519 comuni d'Italia che dalla sottoscrizione di simili polizze, con banche del calibro di Deutschebank o Ubs, stanno registrando perdite per quasi un miliardo di euro. Così l'utilizzo delle moderne tecniche di ingegneria finanziaria sta aggravando il debito pubblico e lo sta rendendo sempre più opaco, ossia fuori controllo. I vincenti, ancora una volta, sono le banche e le assicurazioni2.
Chi detiene il Debito Pubblico in Italia?
Una prima classificazione può essere fatta in base alla nazionalità dei detentori. Da questo punto di vista, al giugno 2011, il debito pubblico era detenuto per il 56,4% da soggetti italiani e il 43,4% da soggetti stranieri.
Una seconda classificazione può essere fatta in base alla tipologia giuridica dei detentori. Da questo punto di vista, la quota detenuta dalle famiglie, al giugno 2011, corrispondeva al 12,7%. Tutto il resto era detenuto da investitori istituzionali: banche, assicurazioni e fondi. Più precisamente: 3,6% Banca d'Italia; 26,2% banche commerciali italiane, 13,8% assicurazioni e fondi italiani, 10,6% banche estere, 32,8% fondi esteri.
In conclusione, limitatamente alla parte di debito detenuto dagli investitori istituzionali, la suddivisione fra soggetti italiani ed esteri è praticamente al 50%, mentre la suddivisione fra banche e fondi è rispettivamente del 46,8 e 53,2%3.
Perchè si tagliano le spese sociali in nome del Debito Pubblico?
Dobbiamo prendere coscienza che il debito pubblico è un nodo che rischia di compromettere lo stato sociale dei prossimi trecento anni. E sicuramente lo è se la parola d'ordine di Destra (sia esso Monti, Berlusconi, Lega Nord e Grillo) e sinistra (sia esso PD, SEL, IDV, UDC) continua ad essere “restituire il debito senza colpire i ricchi”. Tant'è si perseguono due sole strade, entrambe esplosive: la riduzione delle spese sociali e la svendita del patrimonio pubblico.
Si giustifica il taglio alle spese sociali con l'argomentazione che il primo obiettivo di risanamento della finanza è evitare di accumulare altro debito. Il che si ottiene col pareggio di bilancio, ossia con una riduzione delle spese sufficiente ad avere di che pagare gli interessi. Se fossimo governati da partiti che hanno a cuore l'equità e il benessere dei cittadini, le manovre correttive sarebbero realizzate aumentando le tasse sui ricchi e tagliando le spese inutili e dannose come quelle militari e i privilegi della politica. Ma oggi né destra, né sinistra hanno a cuore il bene comune e sia l'una che l'altra cercano di raddrizzare i conti pubblici accanendosi verso i redditi medio-bassi e tagliando le spese per il personale, per l'istruzione, per l'assistenza, per i comuni che si occupano delle politiche sociali a livello locale. Ed ecco il taglio di 8 miliardi di euro alla scuola nel triennio 2009-2011; di 10 miliardi alla sanità dal 2011 al 2014, di 15 miliardi di euro a regioni e comuni nello stesso periodo.
Ma la preda che governo, confindustria e Unione Europea sono assolutamente intenzionati a spolpare è la previdenza sociale. Eppure tutti sanno che il nostro sistema previdenziale è fondamentalmente in equilibrio. Gli ultimi dati disponibili, relativi al 2009, dimostrano che il saldo tra le entrate contributive e le prestazioni pensionistiche previdenziali al netto delle ritenute fiscali è in attivo per 27,6 miliardi di euro, pari all'1,8% del Pil. Solo un artificio contabile consente alla Corte dei Conti di affermare che il sistema previdenziale è in deficit, addirittura di 77 miliardi nel 2010. Ma ciò dipende dal fatto che il fondo previdenziale è usato anche per il pagamento delle pensioni sociali e dei sussidi di disoccupazione che dovrebbero essere a carico della fiscalità generale. In realtà l'accanimento verso il sistema previdenziale non è dovuto alla sua debolezza, ma alla sua solidità. Nel 2010 i versamenti per contributi sociali sono ammontati a 214 miliardi di euro, quasi un terzo delle entrate totali dello stato. Se solo una parte potesse essere sottratta al pagamento delle pensioni, si potrebbero risolvere molti problemi senza mettere le mani nelle tasche dei ricchi.
In ogni caso va tenuto presente che il pareggio di bilancio è solo uno degli obiettivi. L'altro è l'abbattimento del debito accumulato, la famosa restituzione del capitale in nome della quale si impongono ulteriori sacrifici. Ma tutto ha un limite e anche i politici sanno di non poter restituire 1900 miliardi di euro solo con i tagli alle spese, perciò ricorrono alla vendita del patrimonio pubblico esattamente come si fa in famiglia che dopo aver tagliato sul riscaldamento, sul cinema, sul telefono, si vendono le proprietà di famiglia. Tant'è la parola d'ordine è privatizzare e solo per miracolo, grazie al referendum di maggio, abbiamo salvato l'acqua. Ma il decreto di agosto 2011 prevede misure per la privatizzazione di tutte le municipalizzate, mentre il provvedimento per l'introduzione del federalismo, varato nel 2010, trasferisce i beni demaniali ai comuni con licenza di venderli per il risanamento delle casse locali. Di questo passo ci troveremo una comunità nazionale senza più un edificio, un parco, una strada, un'azienda pubblica che garantisca qualsivoglia servizio gratuito a favore di tutti. Così stiamo recitando il requiem dell'economia del bene comune, ricordandoci che una volta dilapidata ci vorranno secoli per ricostruirla4.
Come possiamo uscire da questa situazione tremenda?
Non con la crescita ma con il CONGELAMENTO DEL DEBITO PUBBLICO.
Congelare il debito non significa dichiarare fallimento, o default, come dicono gli inglesi. Il fallimento è una dichiarazione di resa assunta per impotenza economica. Il congelamento è una dichiarazione di volontà assunta per decisione politica. E' il sussulto di un popolo che si riappropria della propria sovranità.
Congelare il debito significa sospendere il pagamento di capitale e interessi, a banche, fondi e assicurazioni, per un periodo di tempo di uno o due anni, in modo da recuperare quella libertà e quella cognizione di causa necessarie a poter definire, in piena autonomia, criteri e tempi di uscita dal debito.
Il primo obiettivo del congelamento è mettere fuori gioco la speculazione in modo da non avere più la pistola dei mercati puntata alla tempia. Se gli speculatori sapessero che non si può ottenere più niente, perché i rubinetti dello stato sono chiusi, la smetterebbero con i loro giochetti per fare aumentare i tassi di interesse.
Portarsi fuori ricatto è già un passo importante per recuperare libertà decisionale, ma nel contempo bisogna fare luce sui fatti perché indagando possono emergere elementi che ribaltano la situazione. Oggi che conta solo l'interesse dei creditori, ci si focalizza solo sui numeri che misurano la capacità di pagamento dello stato. Ma se cambiamo prospettiva e mettiamo al centro della nostra attenzione la tutela della collettività, capiamo che prima di tutto dobbiamo studiare la formazione del debito per stabilire se persiste o meno l'obbligo del pagamento.
Quando i popoli del Sud del mondo hanno analizzato come si era formato il debito dei loro paesi, hanno scoperto che gran parte era stato accumulato per arricchire indebitamente politici e centri di potere economico. Pertanto lo hanno ripudiato perché non si può chiedere ai popoli di impiccarsi per ripagare le malefatte dei governanti con la complicità delle banche.
Dunque il secondo obiettivo del congelamento del debito è prendersi il tempo per condurre una seria indagine sulla formazione del debito in modo da definire quale parte è doveroso pagare perché utilizzato per il bene comune e quale parte, invece, è legittimo ripudiare perché dovuto a frode, ruberie, corruzione, sprechi, opere inutili e dannose, arricchimenti e regalie indebite a caste, banche, imprese.
Un'indagine che valuti anche il ruolo avuto dagli interessi e che esamini la lista dei creditori per capire se ce ne sono che da decenni si arricchiscono alle spalle del debito pubblico. In tal caso bisognerà fare un conto di quanto hanno incassato per stabilire se non sia arrivato il momento di dire basta. A meno che non si voglia affermare che la rendita è un diritto perpetuo, bisognerà pur stabilire quando cessa il diritto del creditore a pretendere un compenso dal debitore. Ad esempio, quando l'esborso per interessi è pari al doppio del capitale non potrebbe aver senso annullare ogni rapporto di dare e di avere?
E ancora non basta. Una seria indagine deve occuparsi anche delle entrate perché se è vero che il deficit è una sfasatura fra entrate e uscite non è detto che la responsabilità sia solo dell'eccesso di spesa. Può essere dovuto anche a una carenza di entrate. In Italia, ad esempio, abbiamo un tasso di evasione altissimo e sappiamo che dal 1982 ad oggi si sono abbassate le aliquote oltre i 75000 euro dal 72 al 45%. Per lo stato ha significato senz'altro un mancato incasso che gli ha procurato un doppio danno: il peggioramento del debito e un maggiore esborso per interessi. Per i ricchi, invece, si è trattato di un doppio guadagno: mancato esborso fiscale e incasso di interessi perché la beffa è che i soldi risparmiati sono finiti comunque allo stato, ma sotto forma di prestito.

Ogni volta che uno stato osa sfidare le regole imposte dai creditori, si paventano scenari tenebrosi per il loro futuro. In realtà i paesi che in passato hanno avuto il coraggio di dichiarare una moratoria sul pagamento del debito, non sono naufragati, ma sono rinati. Lo mostra l'esperienza della Russia nel 1998, dell'Argentina nel 2001, dell'Ecuador nel 2007.
E da poco proprio l'esperienza dell' Islanda, che, con il debito e l'economia ormai in risanamento, entrerà nell'Euro per risanarsi definitivamente, soprattutto per il costo della vita, che in un paese simile permane ancora alto.

E' necessario dunque istituire una task force di 18 esperti, come è accaduto in Islanda, che abbia due anni di tempo per esaminare il corpo del debito pubblico e adottare dunque reali interventi, non semplici palliativi a favore degli stessi creditori.
Serve un piano legislativo davvero equo che ripristini la fiscalità, strutturando le tasse in modo progressivo esattamente come prescrive la Costituzione, sempre in base ad aliquote e scaglioni, ma lavorando seriamente per ristrutturare le tabelle, andando quindi a istituire una Tassa Patrimoniale sui redditi oltre misura, costituiti da beni mobili e immobili, depositi e titoli. Oggi perfino la Confindustria sostiene una simile proposta, evidentemente per paura che l'eccesso di disuguaglianza o di sacrifici sociali possa scatenare una pericolosa sollevazione popolare. Di sicuro il risultato sarebbe garantito: Pellegrino Capaldo, storico banchiere ed esperto di finanza pubblica, ha calcolato che un'imposta sugli immobili, fra il 5 e il 20 per cento del loro valore, potrebbe garantire un introito sufficiente a poter dimezzare il debito pubblico.

Quindi ci si chiede ancora come mai il professor Monti e il suo consiglio di amministrazione non abbiano attuato un simile provvedimento. E come mai, l'imposta IMU non abbia sortito l'effetto che un amministratore capace come Pellegrino Capaldo ha effettivamente garantito con i fatti, in base a semplici conti concreti.
Ci si chiede alla fine se davvero si vuole risanare il Paese.
Ci si chiede se non sia il caso che le forze di Sinistra tutte, si riuniscano sotto la bandiera di un vero e autentico valore di Comunismo, lottando unite per ripristinare i diritti alla Sovranità Popolare e al Bene Comune, piuttosto che, come anche il Partito Democratico e SEL stanno dimostrando, continuare a foraggiare interessi di banche e speculatori, autentici parassiti della nostra Società arrivata ormai alla fase finale del cancro nero che la divora.
Purtroppo un corpo morente mostra tutte le piaghe e i vermi che lo infestano, a cominciare proprio dal popolo che non partecipa attivamente e non mostra interesse nemmeno alle campagne referendarie, le difficoltà per ottenere le firme necessarie a garantire la sopravvivenza dello Stato Sociale, puntando sui diritti e tutele dei lavoratori e delle pensioni, per tagliare sui costi della politica abolendo la diaria ai Parlamentari, stanno trovando difficile riscontro.
Ci auguriamo invece che, ora che l' Utopia è chiara, limpido il disegno dell'obiettivo per il mondo che vogliamo, la nave punti le vele a seguito del vento favorevole, e, in caso di bonaccia, sarà necessario remare, come mai si è fatto prima.

A cura di Fabrizio Astrofilosofo Melodia

FONTI DI RIFERIMENTO:

Bibliografia minima
- Bruno Amoroso, Euro in bilico, Castelvecchi editore, 2011
- Andrea Baranes, Finanza per indignati, Ponte alle grazie, 2012
- Autori vari, Oltre l’austerità, e-book scaricabile dal sito di Micromega
- François Chesnais, Debiti illegittimi e diritto all’insolvenza, Derive approdi, 2011
- Paolo Ferrero, Pigs, Derive approdi, 2012
- Francesco Gesualdi, Facciamo da soli, Edizioni Altreconomia, 2012
- Damien Millet, Eric Toussaint, Debitocrazia, Edizioni Alegre, 2011
Mario Pianta, Nove su dieci, Editori Laterza, 2012.

RIFERIMENTI INTERNET

Siti utili

www.cnms.it
www.smontaildebito.org
www.recommon.org
www.rivoltaildebito.org
www.nodebito.it
www.cadtm.org

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